I seguenti appunti sono un accorciamento, riassunto, chiarimento e troncamento di: K. W. Hempfer, Tesi e contesti. Saggi post-ermeneutici sul Cinquecento, Liguori, Napoli, 1998, (cap. I “Il concetto di Rinascimento e la ‘svolta epistemologica’”, pp. 1-38)
L’idea di rinascimento come epoca autonoma è direttamente riconducibile all’idea di sé di un’età ben determinata.
La concezione della propria età come “ritorno di un età
ideale che si distacca dalle tenebre della precedente per rigenerare un’età
decrepita, rappresenta per Buck l’essenza stessa
dell’epoca.
L’idea di “rinascita” e di ritorno alle origini non resta
limitato ai soli studi umanistici, ma coinvolge tutti i settori della vita
umana, inoltre per Machiavelli il comportamento politico e le attività sociali
di ogni sorta vengono comprese nel processo di rigenerazione generale.
Il pensiero tipologico del Medioevo: L’incarnazione di
Cristo rappresenta un talgio netto tra due età. Questa cesura non è una
frattura, ma una cerniera, una continuità tra (l’antichità) l’antico Testamento
e la storia della salvazione dal Nuovo Testamento.
Concezione tipologica
del medioevo: continuità tra passato immediato (antichità) e presente
(medioevo); Antichità come “prefigurazione”, età Cristiana come “adempimento”,
e quindi come età successiva e superiore all’antichità.
Concezione tipologica
del Rinascimento: netta contrapposizione tra presente e passato immediato,
visto come decadimento rispetto ad un’antica sapienza elevata; Presente come
nuova età della luce, nuova resurrezione.
Tesi 1 (rinascimento come epoca indipendente)
Partendo dalla consapevolezza a partire dalla fine del 1400
che la propria età si congiura come una frattura dalla precedente in tutti i
settori della vita, risulta ovvio costruire il rinascimento come epoca
indipendente.
1.2 problema della ricezione dell’antichità nel rinascimento.
Rispetto alle precedenti ‘rinascite’, il Rinascimento assume
carattere specifico in quanto è esplicita la consapevolezza di una frattura con
l’età immediatamente precedente. Oltre alla rivalutazione dell’antichità come
istanza normativa ideale, ci si chiede se non sia proprio il modo in cui si
ricorreva all’antichità a determinare la specificità dell’epoca stessa.
Kristeller esalta
l’aspetto quantitativo, dimostrando che nel rinascimento viene riscoperta una
parte considerevole delle opere latine e che mediante nuove traduzioni viene
resa accessibile la letteratura greca, sconosciuta nel medioevo. Ma per quanto
riguarda l’aspetto qualitativo, ci si ferma a considerazioni generali
sull’esemplarità del latino ciceroniano.
Ma l’aspetto importante è la trasformazione dello status
attribuito all’antichità.
Nel medioevo il poeta utilizza l’antico integrandolo con gli
scopi del poeta cristiano, che in quanto tale si trova in condizione di
superiorità perché proclama la verità.
Mentre a partire con l’umanesimo, non solo si definisce una
forma particolare di latino classico come modello ideale, ma viene considerata
come l’unico modello cui ricorrere per liberarsi dal decadimento del medioevo.
Ancora più importante è il fatto che il sistema
discorsivo dell’antichità viene proposto come sistema
di riferimento ideale. Non ci si limita più a scrivere un “buon latino” ma si
cerca di comporre opere proprio alla maniera degli antichi.
Per quanto riguarda la letteratura volgare, la codificazione
di Petrarca e Boccaccio quali modelli di riferimento viene legittimata proprio
dall’analoga funzione assunta da Virgilio e Cicerone per la letteratura latina,
e dimostra che tale modello può essere applicato anche ad essa.
Gli autori rinascimentali tendono a norme di
testualizzazione determinate storicamente.
Ma il principio della imitatio non si limita al sistema discorsivo, bensì si estende
a tutti i settori della vita, come dimostra l’introduzione ai Discorsi sulla prima deca di Tito Livio
di Machiavelli.
Tesi 2 (ricorso agli antichi):
Il ricorso agli antichi non va soltanto considerato come
categoria estetica; l’antichità
funge piuttosto da modello generalizzato per la costituzione di norme valide
per il sistema sociale del tempo.
1.3 L’eterogeneità del “Rinascimento” e la molteplicità degli studi
rinascimentali
A seconda dei parametri usati per analizzare quest’epoca,
variano giudizi e periodizazzioni riguardo il rinascimento (uno storico di
agraria sostiene che non ha senso parlare di rinascimento, data la continuità
con l’epoca precedente, per esempio).
1.3.1 Epoca e spazio temporale
Spazio temporale:
un periodo di tempo al quale non è associato alcuna idea circa i tratti
caratteristici di questi, o delle epoche che l’hanno preceduta o che seguirono.
Epoca: il
principio organizzativo dominante in uno spazio determinato, di diversi sistemi socio-culturali. -> si può così realizzare
la contemporaneità del non contemporaneo, cioè il fatto che in seno ad un unico
momento storico siano riscontrabili fenomeni che rimandano a strutture epocali
diverse.
La mancata distinzione fra spazio temporale ed epoca
comporta molteplici periodizzazioni dell’epoca, a seconda sia della materia
presa in considerazione sia a seconda della regione esaminata.
1.3.2
Le diverse periodizzazioni (cioè la proposta di vari “spazi
temporali”) sono dovute al semplice fatto che i diversi sottoinsiemi
socioculturali non si trasformano mai nello stesso
istante e con gli stessi tempi.
1.3.3 Contenuti e strutture, ovvero il problema dei livelli di
astrazione
Non è possibile per nessun sistema
socioculturale definire particolari categorie di contenuto che possano fungere
da categorie specifiche dell’epoca (Kristiller
->campo della storia della filosofia, perché non ritrova negli umanisti una
propria dottrina specifica eccezion fatta per la fiducia riposta nella
rivalutazione del valore dell’uomo e nella rivalutazione della cultura antica)
Poiché le singole posiziono non sono assumibili come
specifiche del rinascimento, lo specifico del Rinascimento è individuabile
nella struttura ( o nelle strutture ) dei contenuti. ->Svolta Epistemologica
Tesi 3
L’eterogeneità e la pluralità possono fungere da criteri
distintivi solo se vengono soddisfatte le seguenti condizioni:
1)
i concetti epocali, intesi come costrutti teorici, non
devono venire identificati con spazi di tempo reali in quanto questi ultimi
sono caratterizzati dalla contemporaneità del non contemporaneo.
2)
L’eterogeneità, valida anche per altre epoche e quindi
non distintiva per il rinascimento, deriva dal fatto che diversi sottoinsiemi
socioculturali vengono analizzati tramite parametri diversi, generando
risultati non conciliabili tra loro. Difatti la diffusione del concetto di Rinascimento
eterogeneo è aumentata di pari passo con la differenziazione degli studi su di
esso.
3)
A causa dell’eterogeneità non è possibile estrapolare
dai singoli sottosistemi
socioculturali caratteristiche tipiche del rinascimento; è però possibile dare una
definizione strutturale che faccia dell’eterogeneità il suo fattore
costitutivo.
2 La svolta epistemologica
del Rinascimento
2.1 Alcune difficoltà all’approccio di Foucault
Foucault porta un approccio nuovo per la definizione di
strutture epocali tramire la sua concezione dell’archeologia del sapere, che si
occupa delle condizioni generali che portano alla costituzione del sapere,
ossia delal conoscenza in generale (e non più dei contenuti concreti del sapere
stesso).
Queste condizioni
vengono chiamate da F. “épistémè”.
Episteme = indica le condizioni che costituiscono
il modello della realtà di una società in una determinata età.
La ricostruzione dell’episteme
viene realizzata tramite l’analisi dei diversi tipi di discorso.
Per l’episteme
dell’età classica F. ricorre ad esempio ad un’analisi comparativa dei discorsi
sulla teoria linguistica, della storia naturale, e dell’economia.
Ma uno degli aspetti problematici del concetto di “discorso”
di F. è che questo comprende allo stesso
tempo le condizioni del “come si parla” a proposito della prassi sociale, sia
le condizioni della prassi stessa.
Titzmann precisa il concetto di discorso: esso è un sistema del pensare e dell’argomentare, che viene
astratto da un insieme testuale, e ogni tipo di discorso è caratterizzato da un
oggetto comune di cui si parla, dalle regole del discorso a proposito di
quell’oggetto e dalle relazioni con gli altri tipi di discorso.
Il punto centrale dell’archeologia del sapere di Foucault
consiste nella costruzione di un
Tertium Comparationis per diversi tipi di discorso, quindi per diversi sottosistemi socioculturali tramite il concetto di episteme intesa come condizione della possibilità di
parlare di qualcosa e dunque del costituirsi della realtà stessa. Pur essendo costitutivi della realtà, non significa
che questi discorsi producano la realtà di fatto; essi, piuttosto, possono
produrre soltatnto un sistema
normativo che abbia valore costitutivo per la realtà. -->> (per esempio: nella Firenze del XV secolo,
il nuovo sentimento civico svolgeva un ruolo decisivo per il discorso politico, ma di fatto si costituì il principato dei
Medici)
Il concetto di episteme
pare essere riconducibile solo a sistemi
del sapere e non dell’agire o a pratiche sociali in generale.
Restringendo il concetto di discorso al “come si parla”, si
possono costituire epistologicamente le epoche. Tuttavia, dacché tutti i tipi
di modellazione discorsiva della realtà diventano descrivibili tramite un
TErtium comparationis, cioè tramite l’espisteme
su cui si fondano (insieme di regole, modi, idee, etc), il costrutto epocale
raggiunge un grado di generalità che supera quello delle periodizzazioni
tradizionali.
Dopo il problema della definizione del concettod i Discorso
per Foucault, resta il quello derivante dal carattere omnicomprensivo della episteme preclassica, definita da F nei termini della
categoria della similitudine pur se riscontrabile dino all’inizio del secolo
XVII.
2.2
Contestualizzazione e pluralizzazione del concetto di verità – l’esempio di
alcuni generi e tipi di discorso dei secoli XV e XVI
Kebler: La contradditorietà delle affermazioni umanistiche,
non sono il risultato di una scarsa facoltà intellettiva, ma la necessaria
conseguenza di una consapevolezza filosofica che non accetta più un primum
verum quale punto di partenza della deduzione razionale, ma soltanto la
molteplicità degli aspetti che si manifestano nella vita stessa.
Così facendo Kebler definisce l’eterogeneità quale principio
strutturante del discorso filosofico, e, quindi, come un porcedimento che, qualora
lo si riscontrasse anche in altri tipi di discorso, sarebbe da intendere coem
realizzazione discorsiva di una specifica configurazione epistemologica.
Non è un caso che dal ‘400 il dialogo sia diventato lo
strumento centrale del discorso teorico nei settori più diversi. Si può dunque
affermare che nei secoli XV e XVI non ci sia stato argomento che non sia stato
trattato in forma di dialogo. Esso viene a costituirsi come genere del discorso
teorico proprio perché esso, affinché possa nascere un vero dialogo, presuppone
l’esistenza di una diversità di
opinioni. Oppure, secondo Mukarovsky, la dia logicità viene a costituirsi come
interpretazione di diversi contesti.
il dialogo del ‘400 a differenza di quello di cicerono è
caratterizzato da un potenziamento delle ambiguità e della relatività delle
posizioni sostenute.
Esistono una gran varietà di dialoghi: principalmente,
quelli dove l’opinione dell’autore è palese, e quelli dove non solo vengono
articolare diverse posizioni ma si tematizza esplicitamente la possibilità di
sostenere opinioni e punti di vista
differenti. (primo caso Arte Poetica di Minturno, secondo caso: diaologo di
Dolce sui colori -1565- -> Probabilità che tutto abbia la sua
contraddizione, dnque la realtà non è una relazione tra proposizioni e fatti,
ma una funzione delle strategie di persuasione del discorso, quindi un mero
fenomeno consensuale).
Altro esempio: Asolani di Bembo. Bembo, come Castiglione (il
Cortegiano), sostiene che non esiste
alcuna cosa alla quale non si possano addure elementi in favore o in
opposizione, poiché la verità è nascosta e gli uomini non hanno i mezzi adatti
per essere obiettivi. Ma a differenza di CAstiglione, Bembo spera in un
potenziale superamento, nel processo evolutivo del pensiero. Se a questa speranza
corrisponde la gerarchizzazione delle varie concezioni dell’amore, la realtà
riporta comunque ad una pluralità di concezioni che mettono in dubbio il
carattere vincolante di un’unica verità. Inoltre, nello stesso
testo, è manifesta la discrepanza tra la
costituzione idealizzante di norme e la prassi sociale (discorso – realtà):
Gismondo (personaggio degli Asolani) accenna all’amore quale soddisfazione dei
sensi, mettendo in risalto ciò che nella pratica contrasta con l’idealità. La
concezione più spirituale dell’amore viene invece sostenuta
da un eremita (fuori dal mondo).
La pluralità di opinioni e concezioni viene resa
ineliminabile anche attraverso la gerarchizzazione (poiché costruendo una scala
di valori all’interno dello stesso
concetto, si presuppone una pluralità di intendimenti)
Dacché il dialogo assurge a genere centrale del discorso
teorico, è evidente che una nuova configurazione epistemologica
diventa un elemento costitutivo del discorso.
Ma anche il genere dei paradossi diventano un fenomeno
tipico del rinascimento, che a differenza di quello medievale mette in risalto
l’arbirtarietà dell’affermabile.
Nell’orlando furioso per esempio, si contrappongono
continuamente discorsi incompatibili fra di loro, cosicché viene completamente
messa in discussione la costituizione di affermazioni vere. Nell’episodio della
luna si afferma che gli unici che possono tramandarci la verità sono i poeti,
ma essendo corruttibili, sono inattendibili.
Ciò che si riscontra nel romanzo d’autore e soprattutto nel
furioso, caratterizza anche la lirica amorosa del tempo, da ariosto a
shakespeare, si verifica la messa in scena di una pluralità di discorsi amorosi
digerenti, strutturante sia testi singoli che intere raccolte. Esistono
sicuramente delle gerarchizzazioni –Bembo respinge l’amore falso,
petrachistico, ma al contempo ne accetta la funzione ammonitrice.
Rebalais così come Ariosto, esplora gli opposti di ogni
verità e l’altra faccia di ogni argomento. In ciò non si deve vedere una
struttura individuale, ma una struttura speficatamente epocale, come mise in
luce Chesney. (la messa in scena degli opposti)
Un gioco cosciente nel contrapporre tra loro posizioni
discrepanti.
Come già ricordato con bembo (che nella sua accettazione
della pluralità, cercava l’unità), esistono ‘conciliazioni’ più o meno forzate
di pluralità, come è dimostrabile fino al livello delle espressioni
linguistiche nei Discorsi sull’arte
poetica e in particolare sopra il poema eroico di Tasso. Egli cerca di
conciliare il particolare bisogno di Verità del suo tempo con il principio
aristotelico dell’unità, partendo dall’opinione diffusa nel suo tempo che la
varietà dia piacere e che quest’ultimo ai tempi di Virgilio ed Omero non fosse
particolarmente necessario. Giunge alla conciliazione tra varietà e unità
d’azione differenziando tra la necessità di una sola azione e la varietà di
materie possibile nella stessa
singola azione.
Il concetto di “discordia concorde” sembra potersi
realizzare soltanto nel paradosso.
Tesi 5
Nell’età in questione esistono diverse possibilità di
soluzione della pluralità e della eterogeneità, che vanno da una conciliazione
armonizzante, la discorde concordia, alla contrapposizione esplicita del non
conciliabile.
Tesi 6
Se si presuppone, come ha affermato Foucault, che la configurazione
epistemologica di un’epoca è
ricostruibile dalle specifiche condizioni costitutive del sistema discorsivo in questione, allora non è
possibile cercare di definire l’episteme
del rinascimento partendo dai discorsi armonizzanti, dato che così facendo non
si possono comprendere i discorsi eterogenei. Si può, viceversa, intendere un
concetto di armonia, indipendentemente da come sia stato realizzato, come
tentativo di dissolvere le discrepanze. Ciò significa però che è necessario
trovare un fondamento epistemologico
per le discrepanze e non per le armonizzazioni. Le armonizzazione si possono
ricostruire tramite Fenomeni Superficiali, tramite cioè concreti contenuti del
sapere, come ad esempio l’accettazione o meno di date norme estetiche. (Cioè: si possono riunire più cose sotto
aspetti superficiali, come la scelta di un genere, l’uso di determinate norme estetiche, etc., ma per quanto riguarda i contenuti
–le discrepanze-, si dovrebbero trovare dei punti in comune ovviamente più
profondi)
Tesi 7
I discorsi discrepanti presuppongono, quali condizioni della
possibilità di costruire conoscenza –episteme-
una relativizzazione fondamentale del concetto di verità, che può realizzarsi
tramite la “contesualizzazione” e/o la “pluralizzazione
Contestualizzazione:
quelle condizioni che fanno dipendere la sostenibilità
della veridicità di una posizione dalle premesse del discorso stesso, dall’obiettivo argomentativi.
Pluralizzazione:
all’intenro dello stesso / di
diversi discorso/i, dello stesso autore /di diversi autori, vengono presentate
posizioni divergenti come ugualmente sostenibili.
Il paradosso, anche quando realizza una sola posizione, presuppone sempre il
non-paradosso, e quindi l’esistenza
di un'altra posizione.
La retorica assurge a disciplina guida (perché se esistono
più posizioni egualmente sostenibili,
chi è più bravo ad argomentare la propria tesi e a “convincere gli
interlocutori” può imporre il suo punto di vista), in conseguenza della
trasformazione epistemologica
(Medioevo: verità data, una sola verità -> Rinascimento: più verità
egualmente sostenibili =
trasformazione epistemologica ->
crescita di importanza dell’arte della retorica)
2.3 Cause della trasformazione epistemologica
Kebler spiega la relativizzazione del concetto di verità come
specifica soluzione umanistica per quei problemi che risultarono dalla dottrina
tardo-scolastica della doppia verità, cioè le contraddizioni tra dottrina
cristiana e conoscenza razionale.
LA doppia verità era il tentativo di risolvere con mezzi
tradizionali i problemi conoscitivi all’interno del sistema
del sapere tardo medievale, preponendo il discorso teologico a qualsiasi altro
discorso. Ma con l’accettazione di una verità propria del mondo, immanente, era
stato fatto il primo passo per la pluralizzazione della verità (Verità Divina
superiore alla Verità Terrena = due verità).
Ma la trasformazione da Doppia Verità a Verità Pluralizzata
avvenne a causa della pluralizzaze delle autorità. Nel rinascimento, come
lamentava Galilei, la conoscenza non veniva dall’osservazione della realtà, ma
dallo studio dei testi. Così, gli antichi erano considerati come Autorevoli e
veri tesori di conoscenza. Ma l’antichità non era un blocco unitario, così che
le posizioni sostenibili ed
Autorevoli erano numerose e quindi egualmente sostenibili.
La relativizzazione della verità permette a Copernico,
Galileo e Keplero di sviluppare un principio di razionalità che poi culminerà
nell’illuminismo.
Così, proprio del rinascimento sarebbe il suo status di età
di transizione (dal concetto di verità già data e ‘divina a quella razionale).
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