lunedì 3 marzo 2014

Sulla svolta epistemologica del Rinascimento



I seguenti appunti sono un accorciamento, riassunto, chiarimento e troncamento di: K. W. Hempfer, Tesi e contesti. Saggi post-ermeneutici sul Cinquecento, Liguori, Napoli, 1998, (cap. I “Il concetto di Rinascimento e la ‘svolta epistemologica’”, pp. 1-38)



L’idea di rinascimento come epoca autonoma è direttamente riconducibile all’idea di sé di un’età ben determinata.
La concezione della propria età come “ritorno di un età ideale che si distacca dalle tenebre della precedente per rigenerare un’età decrepita, rappresenta per Buck l’essenza stessa dell’epoca.
L’idea di “rinascita” e di ritorno alle origini non resta limitato ai soli studi umanistici, ma coinvolge tutti i settori della vita umana, inoltre per Machiavelli il comportamento politico e le attività sociali di ogni sorta vengono comprese nel processo di rigenerazione generale.

Il pensiero tipologico del Medioevo: L’incarnazione di Cristo rappresenta un talgio netto tra due età. Questa cesura non è una frattura, ma una cerniera, una continuità tra (l’antichità) l’antico Testamento e la storia della salvazione dal Nuovo Testamento.
Concezione tipologica del medioevo: continuità tra passato immediato (antichità) e presente (medioevo); Antichità come “prefigurazione”, età Cristiana come “adempimento”, e quindi come età successiva e superiore all’antichità.
Concezione tipologica del Rinascimento: netta contrapposizione tra presente e passato immediato, visto come decadimento rispetto ad un’antica sapienza elevata; Presente come nuova età della luce, nuova resurrezione.

Tesi 1 (rinascimento come epoca indipendente)
Partendo dalla consapevolezza a partire dalla fine del 1400 che la propria età si congiura come una frattura dalla precedente in tutti i settori della vita, risulta ovvio costruire il rinascimento come epoca indipendente.


1.2 problema della ricezione dell’antichità nel rinascimento.

Rispetto alle precedenti ‘rinascite’, il Rinascimento assume carattere specifico in quanto è esplicita la consapevolezza di una frattura con l’età immediatamente precedente. Oltre alla rivalutazione dell’antichità come istanza normativa ideale, ci si chiede se non sia proprio il modo in cui si ricorreva all’antichità a determinare la specificità dell’epoca stessa.
Kristeller esalta l’aspetto quantitativo, dimostrando che nel rinascimento viene riscoperta una parte considerevole delle opere latine e che mediante nuove traduzioni viene resa accessibile la letteratura greca, sconosciuta nel medioevo. Ma per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, ci si ferma a considerazioni generali sull’esemplarità del latino ciceroniano.
Ma l’aspetto importante è la trasformazione dello status attribuito all’antichità.
Nel medioevo il poeta utilizza l’antico integrandolo con gli scopi del poeta cristiano, che in quanto tale si trova in condizione di superiorità perché proclama la verità.
Mentre a partire con l’umanesimo, non solo si definisce una forma particolare di latino classico come modello ideale, ma viene considerata come l’unico modello cui ricorrere per liberarsi dal decadimento del medioevo. Ancora più importante è il fatto che il sistema discorsivo dell’antichità viene proposto come sistema di riferimento ideale. Non ci si limita più a scrivere un “buon latino” ma si cerca di comporre opere proprio alla maniera degli antichi.
Per quanto riguarda la letteratura volgare, la codificazione di Petrarca e Boccaccio quali modelli di riferimento viene legittimata proprio dall’analoga funzione assunta da Virgilio e Cicerone per la letteratura latina, e dimostra che tale modello può essere applicato anche ad essa.

Gli autori rinascimentali tendono a norme di testualizzazione determinate storicamente.
Ma il principio della imitatio non si limita al sistema discorsivo, bensì si estende a tutti i settori della vita, come dimostra l’introduzione ai Discorsi sulla prima deca di Tito Livio di Machiavelli.


Tesi 2 (ricorso agli antichi):
Il ricorso agli antichi non va soltanto considerato come categoria estetica; l’antichità funge piuttosto da modello generalizzato per la costituzione di norme valide per il sistema sociale del tempo.



1.3 L’eterogeneità del “Rinascimento” e la molteplicità degli studi rinascimentali

A seconda dei parametri usati per analizzare quest’epoca, variano giudizi e periodizazzioni riguardo il rinascimento (uno storico di agraria sostiene che non ha senso parlare di rinascimento, data la continuità con l’epoca precedente, per esempio).

1.3.1 Epoca e spazio temporale
Spazio temporale: un periodo di tempo al quale non è associato alcuna idea circa i tratti caratteristici di questi, o delle epoche che l’hanno preceduta o che seguirono.
Epoca: il principio organizzativo dominante in uno spazio determinato, di diversi sistemi socio-culturali. -> si può così realizzare la contemporaneità del non contemporaneo, cioè il fatto che in seno ad un unico momento storico siano riscontrabili fenomeni che rimandano a strutture epocali diverse.
La mancata distinzione fra spazio temporale ed epoca comporta molteplici periodizzazioni dell’epoca, a seconda sia della materia presa in considerazione sia a seconda della regione esaminata.

            1.3.2
Le diverse periodizzazioni (cioè la proposta di vari “spazi temporali”) sono dovute al semplice fatto che i diversi sottoinsiemi socioculturali non si trasformano mai nello stesso istante e con gli stessi tempi.

1.3.3 Contenuti e strutture, ovvero il problema dei livelli di astrazione
Non è possibile per nessun sistema socioculturale definire particolari categorie di contenuto che possano fungere da categorie specifiche dell’epoca (Kristiller ->campo della storia della filosofia, perché non ritrova negli umanisti una propria dottrina specifica eccezion fatta per la fiducia riposta nella rivalutazione del valore dell’uomo e nella rivalutazione della cultura antica)
Poiché le singole posiziono non sono assumibili come specifiche del rinascimento, lo specifico del Rinascimento è individuabile nella struttura ( o nelle strutture ) dei contenuti. ->Svolta Epistemologica

Tesi 3
L’eterogeneità e la pluralità possono fungere da criteri distintivi solo se vengono soddisfatte le seguenti condizioni:
1)      i concetti epocali, intesi come costrutti teorici, non devono venire identificati con spazi di tempo reali in quanto questi ultimi sono caratterizzati dalla contemporaneità del non contemporaneo.
2)      L’eterogeneità, valida anche per altre epoche e quindi non distintiva per il rinascimento, deriva dal fatto che diversi sottoinsiemi socioculturali vengono analizzati tramite parametri diversi, generando risultati non conciliabili tra loro. Difatti la diffusione del concetto di Rinascimento eterogeneo è aumentata di pari passo con la differenziazione degli studi su di esso.
3)      A causa dell’eterogeneità non è possibile estrapolare dai singoli sottosistemi socioculturali caratteristiche tipiche del rinascimento; è però possibile dare una definizione strutturale che faccia dell’eterogeneità il suo fattore costitutivo.
2 La svolta epistemologica del Rinascimento

2.1 Alcune difficoltà all’approccio di Foucault
Foucault porta un approccio nuovo per la definizione di strutture epocali tramire la sua concezione dell’archeologia del sapere, che si occupa delle condizioni generali che portano alla costituzione del sapere, ossia delal conoscenza in generale (e non più dei contenuti concreti del sapere stesso).
Queste condizioni vengono chiamate da F. “épistémè”.
Episteme = indica le condizioni che costituiscono il modello della realtà di una società in una determinata età.
La ricostruzione dell’episteme viene realizzata tramite l’analisi dei diversi tipi di discorso.
Per l’episteme dell’età classica F. ricorre ad esempio ad un’analisi comparativa dei discorsi sulla teoria linguistica, della storia naturale, e dell’economia.
Ma uno degli aspetti problematici del concetto di “discorso” di F. è che questo comprende allo stesso tempo le condizioni del “come si parla” a proposito della prassi sociale, sia le condizioni della prassi stessa.
Titzmann precisa il concetto di discorso: esso è un sistema del pensare e dell’argomentare, che viene astratto da un insieme testuale, e ogni tipo di discorso è caratterizzato da un oggetto comune di cui si parla, dalle regole del discorso a proposito di quell’oggetto e dalle relazioni con gli altri tipi di discorso.
Il punto centrale dell’archeologia del sapere di Foucault consiste nella costruzione di un Tertium Comparationis per diversi tipi di discorso, quindi per diversi sottosistemi socioculturali tramite il concetto di episteme intesa come condizione della possibilità di parlare di qualcosa e dunque del costituirsi della realtà stessa. Pur essendo costitutivi della realtà, non significa che questi discorsi producano la realtà di fatto; essi, piuttosto, possono produrre soltatnto un sistema normativo che abbia valore costitutivo per la realtà. -->> (per esempio: nella Firenze del XV secolo, il nuovo sentimento civico svolgeva un ruolo decisivo per il discorso politico, ma di fatto si costituì il principato dei Medici)
Il concetto di episteme pare essere riconducibile solo a sistemi del sapere e non dell’agire o a pratiche sociali in generale.

Restringendo il concetto di discorso al “come si parla”, si possono costituire epistologicamente le epoche. Tuttavia, dacché tutti i tipi di modellazione discorsiva della realtà diventano descrivibili tramite un TErtium comparationis, cioè tramite l’espisteme su cui si fondano (insieme di regole, modi, idee, etc), il costrutto epocale raggiunge un grado di generalità che supera quello delle periodizzazioni tradizionali.
Dopo il problema della definizione del concettod i Discorso per Foucault, resta il quello derivante dal carattere omnicomprensivo della episteme preclassica, definita da F nei termini della categoria della similitudine pur se riscontrabile dino all’inizio del secolo XVII.

            2.2 Contestualizzazione e pluralizzazione del concetto di verità – l’esempio di alcuni generi e tipi di discorso dei secoli XV e XVI

Kebler: La contradditorietà delle affermazioni umanistiche, non sono il risultato di una scarsa facoltà intellettiva, ma la necessaria conseguenza di una consapevolezza filosofica che non accetta più un primum verum quale punto di partenza della deduzione razionale, ma soltanto la molteplicità degli aspetti che si manifestano nella vita stessa.
Così facendo Kebler definisce l’eterogeneità quale principio strutturante del discorso filosofico, e, quindi, come un porcedimento che, qualora lo si riscontrasse anche in altri tipi di discorso, sarebbe da intendere coem realizzazione discorsiva di una specifica configurazione epistemologica.
Non è un caso che dal ‘400 il dialogo sia diventato lo strumento centrale del discorso teorico nei settori più diversi. Si può dunque affermare che nei secoli XV e XVI non ci sia stato argomento che non sia stato trattato in forma di dialogo. Esso viene a costituirsi come genere del discorso teorico proprio perché esso, affinché possa nascere un vero dialogo, presuppone l’esistenza di una diversità di opinioni. Oppure, secondo Mukarovsky, la dia logicità viene a costituirsi come interpretazione di diversi contesti.


il dialogo del ‘400 a differenza di quello di cicerono è caratterizzato da un potenziamento delle ambiguità e della relatività delle posizioni sostenute.
Esistono una gran varietà di dialoghi: principalmente, quelli dove l’opinione dell’autore è palese, e quelli dove non solo vengono articolare diverse posizioni ma si tematizza esplicitamente la possibilità di sostenere opinioni e punti di vista differenti. (primo caso Arte Poetica di Minturno, secondo caso: diaologo di Dolce sui colori -1565- -> Probabilità che tutto abbia la sua contraddizione, dnque la realtà non è una relazione tra proposizioni e fatti, ma una funzione delle strategie di persuasione del discorso, quindi un mero fenomeno consensuale).
Altro esempio: Asolani di Bembo. Bembo, come Castiglione (il Cortegiano), sostiene che non esiste alcuna cosa alla quale non si possano addure elementi in favore o in opposizione, poiché la verità è nascosta e gli uomini non hanno i mezzi adatti per essere obiettivi. Ma a differenza di CAstiglione, Bembo spera in un potenziale superamento, nel processo evolutivo del pensiero. Se a questa speranza corrisponde la gerarchizzazione delle varie concezioni dell’amore, la realtà riporta comunque ad una pluralità di concezioni che mettono in dubbio il carattere vincolante di un’unica verità. Inoltre, nello stesso testo, è manifesta  la discrepanza tra la costituzione idealizzante di norme e la prassi sociale (discorso – realtà): Gismondo (personaggio degli Asolani) accenna all’amore quale soddisfazione dei sensi, mettendo in risalto ciò che nella pratica contrasta con l’idealità. La concezione più spirituale dell’amore viene invece sostenuta da un eremita (fuori dal mondo).
La pluralità di opinioni e concezioni viene resa ineliminabile anche attraverso la gerarchizzazione (poiché costruendo una scala di valori all’interno dello stesso concetto, si presuppone una pluralità di intendimenti)
Dacché il dialogo assurge a genere centrale del discorso teorico, è evidente che una nuova configurazione epistemologica diventa un elemento costitutivo del discorso.
Ma anche il genere dei paradossi diventano un fenomeno tipico del rinascimento, che a differenza di quello medievale mette in risalto l’arbirtarietà dell’affermabile.
Nell’orlando furioso per esempio, si contrappongono continuamente discorsi incompatibili fra di loro, cosicché viene completamente messa in discussione la costituizione di affermazioni vere. Nell’episodio della luna si afferma che gli unici che possono tramandarci la verità sono i poeti, ma essendo corruttibili, sono inattendibili.
Ciò che si riscontra nel romanzo d’autore e soprattutto nel furioso, caratterizza anche la lirica amorosa del tempo, da ariosto a shakespeare, si verifica la messa in scena di una pluralità di discorsi amorosi digerenti, strutturante sia testi singoli che intere raccolte. Esistono sicuramente delle gerarchizzazioni –Bembo respinge l’amore falso, petrachistico, ma al contempo ne accetta la funzione ammonitrice.
Rebalais così come Ariosto, esplora gli opposti di ogni verità e l’altra faccia di ogni argomento. In ciò non si deve vedere una struttura individuale, ma una struttura speficatamente epocale, come mise in luce Chesney. (la messa in scena degli opposti)
Un gioco cosciente nel contrapporre tra loro posizioni discrepanti.
Come già ricordato con bembo (che nella sua accettazione della pluralità, cercava l’unità), esistono ‘conciliazioni’ più o meno forzate di pluralità, come è dimostrabile fino al livello delle espressioni linguistiche nei Discorsi sull’arte poetica e in particolare sopra il poema eroico di Tasso. Egli cerca di conciliare il particolare bisogno di Verità del suo tempo con il principio aristotelico dell’unità, partendo dall’opinione diffusa nel suo tempo che la varietà dia piacere e che quest’ultimo ai tempi di Virgilio ed Omero non fosse particolarmente necessario. Giunge alla conciliazione tra varietà e unità d’azione differenziando tra la necessità di una sola azione e la varietà di materie possibile nella stessa singola azione.
Il concetto di “discordia concorde” sembra potersi realizzare soltanto nel paradosso.

Tesi 5
Nell’età in questione esistono diverse possibilità di soluzione della pluralità e della eterogeneità, che vanno da una conciliazione armonizzante, la discorde concordia, alla contrapposizione esplicita del non conciliabile.

Tesi 6
Se si presuppone, come ha affermato Foucault, che la configurazione epistemologica di un’epoca è ricostruibile dalle specifiche condizioni costitutive del sistema discorsivo in questione, allora non è possibile cercare di definire l’episteme del rinascimento partendo dai discorsi armonizzanti, dato che così facendo non si possono comprendere i discorsi eterogenei. Si può, viceversa, intendere un concetto di armonia, indipendentemente da come sia stato realizzato, come tentativo di dissolvere le discrepanze. Ciò significa però che è necessario trovare un fondamento epistemologico per le discrepanze e non per le armonizzazioni. Le armonizzazione si possono ricostruire tramite Fenomeni Superficiali, tramite cioè concreti contenuti del sapere, come ad esempio l’accettazione o meno di date norme estetiche. (Cioè: si possono riunire più cose sotto aspetti superficiali, come la scelta di un genere, l’uso di determinate norme estetiche, etc., ma per quanto riguarda i contenuti –le discrepanze-, si dovrebbero trovare dei punti in comune ovviamente più profondi)


Tesi 7
I discorsi discrepanti presuppongono, quali condizioni della possibilità di costruire conoscenza –episteme- una relativizzazione fondamentale del concetto di verità, che può realizzarsi tramite la “contesualizzazione” e/o la “pluralizzazione
            Contestualizzazione: quelle condizioni che fanno dipendere la sostenibilità della veridicità di una posizione dalle premesse del discorso stesso, dall’obiettivo argomentativi.
            Pluralizzazione: all’intenro dello stesso / di diversi  discorso/i, dello stesso autore /di diversi autori, vengono presentate posizioni divergenti come ugualmente sostenibili. Il paradosso, anche quando realizza una sola posizione, presuppone sempre il non-paradosso, e quindi l’esistenza di un'altra posizione.
La retorica assurge a disciplina guida (perché se esistono più posizioni egualmente sostenibili, chi è più bravo ad argomentare la propria tesi e a “convincere gli interlocutori” può imporre il suo punto di vista), in conseguenza della trasformazione epistemologica (Medioevo: verità data, una sola verità -> Rinascimento: più verità egualmente sostenibili = trasformazione epistemologica -> crescita di importanza dell’arte della retorica)

2.3 Cause della trasformazione epistemologica
Kebler spiega la relativizzazione del concetto di verità come specifica soluzione umanistica per quei problemi che risultarono dalla dottrina tardo-scolastica della doppia verità, cioè le contraddizioni tra dottrina cristiana e conoscenza razionale.
LA doppia verità era il tentativo di risolvere con mezzi tradizionali i problemi conoscitivi all’interno del sistema del sapere tardo medievale, preponendo il discorso teologico a qualsiasi altro discorso. Ma con l’accettazione di una verità propria del mondo, immanente, era stato fatto il primo passo per la pluralizzazione della verità (Verità Divina superiore alla Verità Terrena = due verità).
Ma la trasformazione da Doppia Verità a Verità Pluralizzata avvenne a causa della pluralizzaze delle autorità. Nel rinascimento, come lamentava Galilei, la conoscenza non veniva dall’osservazione della realtà, ma dallo studio dei testi. Così, gli antichi erano considerati come Autorevoli e veri tesori di conoscenza. Ma l’antichità non era un blocco unitario, così che le posizioni sostenibili ed Autorevoli erano numerose e quindi egualmente sostenibili.
La relativizzazione della verità permette a Copernico, Galileo e Keplero di sviluppare un principio di razionalità che poi culminerà nell’illuminismo.
Così, proprio del rinascimento sarebbe il suo status di età di transizione (dal concetto di verità già data e ‘divina a quella razionale).

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